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Già ai tempi di Caterina Sforza l’Abbazia di San Mercuriale era il simbolo indiscusso della città e pare che la signora di Forlì vi fosse particolarmente legata, più che alla Cattedrale.

L’edificio sacro ha origini antichissime, essendo stato innalzato sui resti di un’antica pieve, intitolata a Santo Stefano protomartire, che già sorgeva sul luogo dell’antico sepolcreto dei vescovi di Forlì.

Distrutta nel 1173 da un violento incendio causato da disordini fra guelfi e ghibellini, la pieve fu riedificata in stile romanico-lombardo. È probabile che proprio in tale occasione l’edificio sia stato eretto seguendo una struttura planimetrica a tre navate, con cripta sotto l’altare maggiore.

Ai tempi di Caterina Sforza, la chiesa si trovava al di fuori del principale nucleo abitato urbano, da cui era separata dal corso del Canale di Ravaldino, ramo regimentato del fiume Rabbi, che scorre coperto sotto il loggiato del Palazzo comunale, creando il cosiddetto Ponte Buio.

Sovrasta il portale d’accesso la lunetta, complesso scultoreo di notevolissima importanza raffigurante il “Sogno e adorazione dei Magi”, attribuito al Maestro dei Mesi di Ferrara che lo realizzò intorno ai primi anni del Duecento.

Da ricordare, all’interno il Monumento funebre di Barbara Manfredi di Francesco di Simone Ferrucci da Fiesole e alcune pregevoli opere pittoriche di Marco Palmezzano: “Madonna con Gesù Bambino in trono tra San Giovanni Evangelista e Santa Caterina d’Alessandria”, “Immacolata Concezione con Sant’Agostino, Sant’Anselmo e Santo Stefano”, “San Giovanni Gualberto perdona l’uccisore di suo fratello davanti al crocifisso e Santa Maria Maddalena”.