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La Rocca di Ravaldino è popolarmente conosciuta come “Rocca di Caterina Sforza“.
Costruita sulle fondamenta di due fortificazioni preesistenti, sorge nella parte più elevata della città, da sempre consacrata alla difesa. Fu voluta da Pino III Ordelaffi che, nel 1471, ne commissionò il progetto all’architetto Giorgio Marchesi Fiorentino da Settignano.

Nel 1496, sui resti della “rocca vecchia”, Caterina Sforza ordinò la costruzione di un rivellino, chiamato “Paradiso”, per la cui realizzazione furono utilizzati laterizi di recupero ricavati dalla demolizione dell’ala del Palazzo del Comune e della Signoria dove risiedeva la famiglia Riario Sforza e la sua corte.

Dopo l’uccisione di Girolamo, Caterina e i figli, per sentirsi più protetti, si trasferirono prima nella rocca, poi in questo palazzotto, andato completamente perduto a seguito della presa di Cesare Borgia.

Il 6 aprile 1498, qui emise i primi vagiti Ludovico, figlio di Caterina e Giovanni de’ Medici, passato poi alla storia come Giovanni dalle Bande Nere, ultimo dei grandi condottieri italiani e padre di Cosimo, primo granduca di Toscana.

La fortezza è una tipica “rocca di transizione”, in quanto progettata e modificata in anni in cui le armi da fuoco stavano rivoluzionando il modo di fare la guerra. Si presenta come un’imponente architettura a pianta quadrangolare, con quattro bassi torrioni di forma cilindrica agli angoli. Il tozzo maschio, di sezione quadrata, è suddiviso su tre piani.

Dal cortile interno, l’accesso al maschio avveniva tramite una spettacolare scala a chiocciola in arenaria, tuttora integra ma non accessibile, che collegava tra loro i tre piani. La singolare scala, priva di perno centrale, è composta da 67 gradini che si sostengono l’un l’altro per sovrapposizione.
L’ampia cittadella, sulla cui area a fine Ottocento venne costruito il carcere, è difesa da due soli torrioni posti in direzione della città. Cittadella e rocca erano cinte da un profondo fossato, prosciugato e parzialmente riempito man mano che la fortezza andò perdendo le funzioni difensive.

Sulla cortina che si affaccia su via Giovanni dalle Bande Nere è tuttora possibile ammirare lo stemma, fatto apporre da Cesare Borgia dopo la cruenta battaglia che causò oltre seicento morti, la presa del castello e la resa di Caterina Sforza. L’emblema dei Borgia, in pietra d’Istria, in cui spiccano tiara e chiavi papali (Rodrigo Borgia padre di Cesare fu papa Alessandro VI), è murato nella posizione in cui i soldati del Valentino riuscirono a praticare la breccia che, la sera del 12 gennaio 1500, gli consentì di penetrare all’interno della rocca.

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